Insegnamenti di Zenone
Autore
Diogene Laerzio
Libro
γραφίς
La versione inizia con:
Ἔλεγε δὲ μηδὲν εἶναι τῆς οἰήσεως…
La versione termina con:
…ἥττονα δὲ λέγωμεν
Traduzione
(Zenone) diceva che niente è più estraneo della presunzione all’apprendimento delle dottrine e che noi di nulla siamo così bisognosi come del tempo.
Interrogato su chi sia un amico, disse: “Un altro io”.
Frustava, dicono, un servo per un furto; dato che quello diceva: “Era mio destino rubare”, rispose: “E anche essere picchiato”.
Disse che la bellezza è il fiore della saggezza; altri (dicevano che secondo lui) la saggezza (è il fiore) della bellezza.
Vedendo che lo schiavetto di uno degli amici era coperto di lividi, gli disse: “Vedo le tracce del risentimento”; a uno che si era cosparso di profumo disse: “Chi è che puzza di donna?”.
Avendogli chiesto Dionisio il transfuga per quale motivo correggesse tutti tranne lui (letteralmente non correggesse unicamente lui), rispose: “Non ho fiducia in te”.
A un giovane che blaterava disse: “Per questo motivo abbiamo due orecchie e una bocca, per ascoltare più cose e dirne di meno”.