Modestia ostentata di Tiberio
Autore
Svetonio
Libro
Il nuovo Latina Lectio
La versione inizia con:
Adulationibus adeo adversatus est ut neminem…
La versione termina con:
…mihi faventes vos habui et adhuc habeo
Traduzione
Fu talmente avverso alle adulazioni che non ammise alcun senatore alla propria lettiga, se non per cause di servizio; e in verità scappò via da un ex console, che lo supplicava e tentava di pregarlo stringendogli le ginocchia, al punto che cadde supino.
Chiamato “signore” da un tale, (gli) chiese di non insultarlo.
Spesso risparmiò anche quelli che proferivano rimproveri e poesie diffamatorie contro di lui, dicendo che in una città libera è possibile per le menti e per le lingue essere libere.
Poiché tuttavia il senato esigeva di deliberare contro i maldicenti, disse: “Non abbiamo così tanto tempo libero da potere dedicarci a parecchie occupazioni”.
Spesso aveva quasi oltrepassato la misura della cortesia nel rivolgersi sia ai singoli sia a tutti quanti.
Una volta nella curia, poiché dissentiva dall’opinione di Quinto Aterio, (disse): “Perdonami, se dirò qualcosa contro di te più apertamente, così come è lecito a un senatore”.
Poi, dopo essersi girato verso i senatori, (disse): “Ho detto sia adesso sia spesso altre volte, senatori, che un buon sovrano deve servire il senato, sia tutti quanti sia i singoli; e non dovrò pentirmi di avere detto ciò; infatti, vi ritenni e vi ritengo tuttora (letteralmente fino a questo momento) buoni, equi e a me favorevoli”.