Modi vessatori di Verre
Autore
Cicerone
Libro
Il nuovo Latina Lectio
La versione inizia con:
Cum signum Dianae, quod erat apud Segestanos summa…
La versione termina con:
…imperio quam celerrime parendum esse decreverunt
Traduzione
Dopo che il pretore Verre ebbe visto un simulacro di Diana, che presso i Segestani veniva venerato moltissimo (letteralmente era di grandissima venerazione), come se fosse stato colpito da quella fiaccola che la statua portava nella mano destra, iniziò ad ardere dalla frenesia e dal desiderio di averla.
Ordinò ai magistrati della città di rimuoverla e di dargliela; dichiarò che per lui non c’era niente di più gradito.
Quelli però dicevano che ciò per loro era sacrilego e che erano trattenuti da una grandissima devozione e da una grandissima paura.
Poiché Verre insisteva ogni giorno in maniera niente affatto più arrendevole e anzi molto più aggressiva, la questione fu discussa nel senato dei Segestani.
E così in quell’occasione fu detto di no e tutti gridarono contro di lui (letteralmente da parte di tutti si gridò contro) con veemenza.
Successivamente Verre nell’ordinare di consegnare il frumento imponeva ai Segestani i tributi più gravosi che ci fossero (letteralmente qualsiasi tributo gravosissimo), alquanto maggiori rispetto alle loro possibilità.
Infine, convocò i loro capi e i magistrati; chiamava presso di sé i migliori e i più illustri; minacciava tutti quanti che avrebbe distrutto la città dalle fondamenta.
E così un giorno i Segestani, sopraffatti dai molti soprusi e da una paura maggiore, decretarono che bisognava obbedire all’ordine del pretore il più velocemente possibile.