La morte di Cesare
Autore
Cassio Dione
Libro
γραφίς
La versione inizia con:
Ὧς δ’οὖν ἀφίκετό ποτε πρὸς τὸ συνέδριον…
La versione termina con:
…“Καὶ σύ, τέκνον;”
Traduzione
Quando dunque giunse finalmente in senato, Trebonio trattenne Antonio fuori da qualche parte.
Avevano infatti deciso di uccidere anche costui e Lepido; tuttavia, poiché temevano di essere accusati a causa della moltitudine dei morti di avere ucciso Cesare per il potere e non per la libertà della città, che adducevano come giustificazione, vollero che non fosse presente alla sua uccisione nemmeno Antonio, dato che Lepido aveva organizzato una spedizione ed era nel sobborgo.
Trebonio conversava con quello; gli altri, stringendosi compatti intorno a lui (era infatti estremamente avvicinabile e affabile), in parte parlavano con lui, in parte lo supplicavano proprio, affinché sospettasse il meno possibile.
Appena giunse il momento adatto, uno si avvicinò a lui come per esprimergli un ringraziamento e tirò giù la sua toga dalla spalla, dando ai congiurati il segnale concordato (letteralmente dando questo segnale ai congiurati secondo ciò che era stato concordato); e in seguito a ciò quelli, essendosi lanciati contro di lui, lo ferirono da molte parti contemporaneamente, al punto che Cesare non poteva né parlare né fare qualcosa per il numero di quelli, ma morì per le molte ferite, mentre si copriva.
Questa è la versione dei fatti più attendibile (letteralmente queste sono le cose più veritiere); tuttavia, alcuni dissero anche questa cosa, cioè che (Cesare) disse a Bruto, che (lo) colpiva con violenza: “Anche tu, figlio?”.