Un oscuro rituale in onore di Poseidone (1)
Autore
Platone
Libro
γραφίς
La versione inizia con:
Τὰ δὲ τῶν ἀρχῶν καὶ τιμῶν ὧδ’εἶχεν…
La versione termina con:
…ἀρὰς ἐπευχόμενος τοῖς ἀπειθοῦσιν
Traduzione
Le magistrature e le cariche furono organizzate in questo modo dall’inizio (letteralmente le cose delle magistrature e delle cariche erano così dall’inizio, dopo essere state organizzate).
Ciascuno dei dieci re esercitava il comando nella propria parte all’interno della propria città sugli uomini e sulla maggior parte delle leggi, punendo e condannando a morte chiunque volesse; tuttavia, il potere tra gli uni e gli altri e il rapporto reciproco erano regolati da Poseidone (letteralmente erano secondo le disposizioni di Poseidone), come li aveva trasmessi a loro la legge e un’iscrizione incisa su una stele d’oricalco, che si trovava in mezzo all’isola nel tempio di Poseidone, dove ogni cinque anni e talvolta, alternando, ogni sei (i re) si riunivano, assegnando uguale importanza all’anno pari e all’anno dispari; quando si radunavano, prendevano decisioni sugli affari comuni e verificavano se qualcuno aveva trasgredito (la legge) e lo giudicavano.
Quando si apprestavano a giudicare, si scambiavano prima queste garanzie gli uni con gli altri.
Essendo lasciati liberi dei tori nel tempio di Poseidone, i dieci re, rimasti soli (letteralmente mentre erano soli, essendo dieci), dopo avere pregato il dio di scegliere la vittima a lui gradita, partivano alla caccia senza una spada con bastoni e corde e, dopo avere portato davanti alla stele il toro che avevano catturato (letteralmente quello tra i tori che catturavano), lo sgozzavano sulla sua sommità presso l’iscrizione.
Sulla stele, oltre alle leggi, c’era un giuramento che invocava terribili maledizioni per i trasgressori.