Pene contro i ladri
Autore
Gellio
Libro
Il nuovo Latina Lectio
La versione inizia con:
Draco ille, cuius severitatem nemo obliviscitur…
La versione termina con:
…verberibus affici et de saxo praecipitari
Traduzione
Quel famoso Dracone, di cui nessuno si dimentica la severità, redasse, primo tra tutti, le leggi che gli Ateniesi utilizzavano.
In quelle leggi stabilì che colui che fosse stato dimostrato colpevole di furto dovesse essere condannato a morte (letteralmente alla pena capitale) e decretò e stabilì molte altre cose di eccessiva severità.
In seguito, una tanto grande severità fu smorzata (letteralmente fu effettuato un contenimento a una tanto grande severità) da Solone, che decise che bisognava utilizzare leggi più miti nei confronti dei ladri.
Nella sua legge ritenne opportuno che i ladri dovessero essere puniti non con la morte, ma con una pena del doppio1 (del valore).
Invece i nostri decemviri, che scrissero su dodici tavole le leggi di cui il popolo romano aveva bisogno, non utilizzarono né una simile severità né una clemenza troppo mite.
Permisero infatti che venisse ucciso il ladro che fosse stato colto in flagrante durante un furto, nel caso in cui o fosse stata notte, mentre compiva il furto, o si fosse difeso con un’arma.
Inoltre, riguardo agli altri ladri colti sul fatto ordinarono che gli uomini liberi fossero frustati, nel caso in cui avessero compiuto il furto di giorno e non si fossero difesi con un’arma e si fossero astenuti dalla forza delle armi; ordinarono invece che i servi sorpresi (a rubare) fossero frustati e gettati giù da una rupe.
1 Cioè a pagare il doppio del valore di ciò che era stato rubato.