Latino

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Platone e il vino

Autore

Gellio

Libro

Il nuovo Latina Lectio

La versione inizia con:

Ex insula Creta quispiam Platonicum esse…

La versione termina con:

…refici integrarique animos putabat

Traduzione

Un tale dell’isola di Creta diceva di essere un filosofo platonico e desiderava sembrarlo.

Era tuttavia un uomo da niente e un millantatore e inoltre un ubriacone per la passione del vino.

Costui nei banchetti dei giovani, non appena avevano dato inizio a discorsi utili e piacevoli, dopo avere chiesto di fare silenzio per potere essere ascoltato (letteralmente essendo stato chiesto il silenzio per ascoltare), cominciava a parlare ed esortava tutti a bere e proclamava di farlo in base a un principio platonico, come se Platone avesse scritto in ampia misura (letteralmente molto abbondantemente) lodi dell’ubriachezza nei libri che compose sulle leggi e avesse ritenuto che essa fosse utile agli uomini onesti e valorosi.

E allo stesso tempo durante un discorso di questo tipo annegava tutto l’ingegno in numerose coppe, dicendo che, se la mente e il corpo degli uomini ardono per il vino, c’è un certo stimolo dell’ingegno e della virtù.

Ma Platone non lodò, come pensava quel buono a nulla, questa vergognosissima ubriachezza, che è solita indebolire e fiaccare le menti degli uomini, bensì non disapprovò questo invito a bere un po’ più generosamente e allegramente (letteralmente questo invito un po’ più generoso e più allegro al vino).

Riteneva infatti che gli animi siano ristorati e rinfrancati da distrazioni moderate e dignitose durante il bere.