Resa di una città gallica
Autore
Cesare
Libro
Il nuovo Latina Lectio
La versione inizia con:
Postridie eius diei Caesar, priusquam se hostes…
La versione termina con:
…petentibus Remis, ut conservarentur impetrant
Traduzione
L’indomani (letteralmente il giorno dopo quel giorno) Cesare, prima che i nemici si riprendessero dalla paura e dalla fuga, condusse l’esercito nei territori dei Suessioni, che erano i più vicini ai Remi, e giunse a marce forzate (letteralmente compiuta una marcia forzata) alla città di Novioduno.
Pur avendo tentato di assalirla dopo la marcia, poiché sapeva per sentito dire che era priva di difensori, non poté espugnarla a causa della larghezza del fossato e dell’altezza del muro, nonostante la difendessero in pochi.
Fortificato l’accampamento, iniziò a fare avanzare le vinee e a preparare le cose che servivano per l’assedio (letteralmente le cose che erano usate per assediare).
Nel frattempo, tutta la moltitudine dei Suessioni in seguito alla fuga si radunò in città la notte seguente.
Accostate rapidamente le vinee alla città, costruito un terrapieno e innalzate le torri, turbati1 dalla grandezza delle macchine d’assedio, che i Galli in precedenza non avevano visto e di cui non avevano sentito parlare, e dalla velocità dei Romani, mandarono ambasciatori a Cesare per la resa e ottennero di essere risparmiati grazie all’intercessione dei Remi (letteralmente chiedendolo i Remi).
1 Il soggetto sottinteso di permoti (turbati), mittunt (mandarono) e impetrant (ottennero) è “i Suessioni”.