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Roma dopo l’incendio neroniano

Autore

Tacito

Libro

Il nuovo Latina Lectio

La versione inizia con:

Urbis quae domus perierant non, ut post Gallica…

La versione termina con:

…altitudo tectorum solis vaporem perrumperent

Traduzione

Le case di Roma che erano andate distrutte non furono ricostruite, come dopo gli incendi dei Galli, senza alcuna distinzione e senza regole, ma con disposizioni calcolate delle strade e con ampie dimensioni delle vie e con spiazzi aperti e con l’aggiunta di portici (letteralmente con portici aggiunti) che proteggessero la facciata dei caseggiati.

Nerone promise che avrebbe costruito questi portici con il proprio denaro e che avrebbe consegnato ai proprietari le aree ripulite.

Aggiunse anche degli indennizzi in base alla classe sociale di ciascuno e alle disponibilità del patrimonio e stabilì il tempo entro cui, ricostruite le case, (i proprietari) potessero ottenerli.

Scelse le paludi di Ostia per lo scarico delle macerie (letteralmente destinava le paludi di Ostia a ricevere le macerie) e decretò che le navi che avevano risalito il Tevere trasportando frumento (letteralmente che avevano trasportato frumento lungo il Tevere) ridiscendessero cariche di macerie e che gli edifici stessi senza travi venissero rinforzati con la pietra, poiché la pietra è refrattaria al fuoco, e che ciascun edificio fosse circondato non da pareti comuni (letteralmente da una comunanza di pareti), ma da muri propri.

Quei provvedimenti, accettati per l’utilità, conferirono anche bellezza alla nuova città.

C’erano tuttavia quelli che pensavano che quell’antico assetto fosse stato più utile alla salute, poiché (secondo loro) la strettezza delle strade e l’altezza dei tetti smorzavano il calore del sole.